MONTE LABBRO
MONTE LABBROConsigli pratici
La Riserva naturale del Monte Labbro (667 ha) si trova a sud ovest del Monte Amiata.Per raggiungere il Monte Labbro si deve percorrere la strada statale n. 323 che congiunge Arcidosso a Roccalbegna; sette chilometri dopo Arcidosso, per chi proviene da Arcidosso, o un chilometro dopo la località Poggi la Bella, per chi proviene da Roccalbegna, si prende (km 33,4) la strada sterrata con le indicazioni per il Monte Labbro e per il Parco Faunistico dell’Amiata.
Tutti i mesi dell’anno sono adatti per visitare l’area: in primavera sono di scena le fioriture, in estate i molti rapaci che qui nidificano e nei mesi invernali il cielo terso che permette di affacciarsi dalla vetta del Monte Labbro su panorami sconfinati e spettacolari (attenzione al freddo pungente!).
Descrizione
Il Monte Labbro (1.193 m s.l.m.) costituisce il culmine di una dorsale montuosa, diretta da NO a SE, composta da rilievi attorno ai 1.000 metri di altitudine e separata dalla catena amiatina dal torrente Zancona.
Il paesaggio della riserva è insieme affascinante e sorprendente, esaltato dal netto contrasto tra il Monte Labbro ed il vicino Monte Amiata. Alle pendici boscose e verdi del vulcano amiatino si contrappongono infatti le rocce calcaree, bianche, fratturate e spoglie che costituiscono la cima del Monte Labbro. Il rilievo, dalla singolare forma di tronco di cono, emerge appuntito dalle ondulate campagne circostanti, mosaico di pascoli, siepi e campi seminati decorati da fiordalisi e gittaioni, sui quali volano radenti le eleganti albanelle minori.
Spesso non serve neppure il binocolo per avvistare i rapaci che, numerosi, frequentano le pendici del monte: biancone, falco pecchiaiolo e lodolaio in estate e nei periodi di migrazione, poiana e gheppio tutto l’anno.
Mentre si passeggia tra le vestigia lasciate da un particolare movimento religioso, rappresentate da resti di abitazioni e da una torre di pietra posta al culmine della montagna, si respira un’aria mistica e misteriosa. Infatti il Monte Labbro fu lo scenario del movimento socio-religioso “giurisdavidico”, nato all’indomani dell’unità d’Italia, che infervorò i contadini che abitavano queste povere campagne ed ebbe in David Lazzaretti il suo profeta e fondatore.
Su questi terreni intrisi di storia e leggenda crescono sporadici e piccoli prugnoli, biancospini e ginepri, i soli che riescono a difendersi con le spine dai morsi delle pecore. Ai piedi della montagna si sono salvati anche alberelli di acero campestre e grossi cespugli di rosa canina che danno luogo a delicate e dense fioriture sostituite, in autunno, da invitanti frutti, rossi e lucidi.
Nelle zone esposte a nord del resto della riserva, faggio, nocciolo, acero di monte, carpino bianco e nero occupano le aree più fertili e fresche, mentre in quelle esposte a sud e sui suggestivi costoni rocciosi si incontrano boschetti di carpino nero, acero campestre ed orniello; lungo i piccoli corsi d’acqua crescono salici, ciliegi selvatici e noccioli. Modeste superfici sono coperte da castagneti da frutto che svolgono un ruolo importante per la fauna con gli alberi più vecchi e ricchi di cavità.